CARIÑO

15 Settembre 2014

Questi giorni intensi per l’arrivo del container con i materiali da sistemare e le attrezzature da installare, non hanno distolto l’ “attenzione” per i malati.
Nel mese di Agosto abbiamo eseguito 23 interventi chirurgici il che è una cifra rispettabile per la nostra statistica.
E’ arrivata Graciela, una bambina di Pucarapampa, nostra comunità isolata e povera. Si presenta con il suo professore, la mamma e alcuni fratellini.
Presenta ustioni di primo e secondo grado sul viso, torace, gamba destra e braccio sinistro.
Il professore si sente responsabile dell’incidente accaduto dopo aver dato incarico alla bambina di sostituire la mamma in cucina e quindi l’olio fritto gli si è versato sul viso e poi anche sulla gamba destra.

Il papà in un primo tempo non era stato messo al corrente dell’accaduto; per questo la mamma da subito ha rifiutato l’idea di affidarci la bambina in Ospedale, mancando dell’autorizzazione paterna e non essendo certa dell’approvazione del marito.
Pensava poter, con una semplice medicazione, nascondere l’accaduto e quindi di non essere rimproverata dal marito.
Il giorno seguente, non vedendo comparire nessuno, ci siamo messi alla ricerca della piccola per dare una mano e cercare la soluzione.
Il papà, venuto a conoscenza dell’accaduto, ha avuto una reazione violenta e si è messo ad inveire contro la moglie picchiandola e rifiutando ogni ogni offerta di aiuto e cura.

La sua espressione è stata: “anche se la bambina deve morire, morirà a casa nostra ma non in Ospedale!”
Neanche proponibile quindi una proposta di cura con specialisti della città!
In serata riusciamo finalmente ad incontrare faccia a faccia il papà di Graciela per tentare di fargli cambiare idea e capire perché cosi tanto rifiuto dell’Ospedale.
In Paese intanto “difensore del fanciullo” si era informato su quanto stava accadendo e aveva parlato con il papà della piccola e ventilata la possibile persecuzione della polizia qualora non venissero rispettati i diritti della bambina ad essere curata.
Al papà di Graciela ho chiesto: “Perché non vuoi che la bambina sia curata in Ospedale?”
E la puntuale risposta: “Perché non ho i soldi per curarla”.
Di rimando :”Nessuno ti ha chiesto soldi, ma solo la tua autorizzazione per affidare la bambina alle nostre cure per i tempi necessari che stimiamo di un mese prevedendo anche possibili complicazioni. Poi, secondo le tue possibilità e come tua partecipazione, darai quanto potrai. Non chiediamo soldi o valori, ma solamente una fascina di legna, oppure qualche uova, un secchio di frumento o prodotti che tu produci dalla terra come segno e parte della tua collaborazione”.

Un silenzio sospettoso come chiara disapprovazione è la risposta del padre.
Il maestro, partecipe alla discussione scavando nel passato, riesce a quel punto a rimuovere quanto successo una quindicina di anni fa.
Mi riferisce che il fratellino di Graciela, malato di cuore, per una cardiopatia congenita, era stato inviato in città per l’operazione in Cochabamba e morì dopo l’intervento.
Il papà ricorda che anche in quel tempo in città gli fu detto “tu darai quello che puoi”. Poi questo si era tradotto nella richiesta esplicita di duemila dollari per il ritiro della salma.
Non avendo soldi e volendo seppellire suo figlio nella sua comunità, dovette indebitarsi fino ai giorni di oggi rimanendo povero più di prima!
Anche in quel tempo lo raggirarono con gli stessi discorsi per dirgli che avrebbe pagato quanto poteva e secondo le sue possibilità.
Al momento di fare i conti i fatti andarono diversamente e richiesero il pagamento secondo i giorni di degenza in Ospedale.
Per questo insisteva con me per sapere quanto costava occupare il letto ogni giorno!
Mi sembrava un discorso tra sordi e ripetevo: “Non ti preoccupare di quanto costi occupare il letto; a noi serve il tuo consenso a procedere per curare la tua bambina che poi dovrà rimanere in Ospedale! Darai ciò che potrai quando potrai.”
Il professore per meglio spiegare disse al papà di Graciela con delicatezza: “Il dottore non chiede soldi ma solo un ‘cariño'”.
Questa parola fu subito capita dal papà “campesino” e in immediata risposta disse: “Se è un ‘cariño’ che si richiede, porterò la pecora più grossa del mio gregge come segno di ringraziamento e di apprezzamento!”
Come una chiave che apre tutto, la parola che significa “affetto, cuore” ha aperto l’intesa e ci ha permesso di procedere con anestesia generale per curare la piccola Graciela.

Dott. Pietro Gamba

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