Incontri locali significativi
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Cammino per un sentiero tranquillo, dopo aver percorso un tratto di strada sterrata con l’ambulanza dell’ospedale del dott. Pietro Gamba. È la prima volta che vedo la Bolivia in questa stagione e mi sembra meravigliosa, più del solito.
Verde, fiorita, la terra pronta per il raccolto delle patate.
Mi piace godere di questi paesaggi, mi piace ammirare il gran cielo della Bolivia, azzurro, quasi blu. La stagione delle piogge volge al termine, dicono che quest’anno ha piovuto tanto: un bene, visto che poi non pioverà quasi più per il resto dell’anno.
Una buona riserva d’acqua. Rimango quasi suggestionato dalla madre terra (la pachamama) che nutre e da vita, che è madre attenta e che chiede di essere rispettata.
Preso da tanta bellezza non sento la fatica del camminare; so che mi aspetta un incontro con la povertà, la sofferenza e la malattia, per il momento mi godo la natura con tutta la sua rigogliosa bellezza.
È sempre così quando si sta insieme al dottor Pietro Gamba: parole, silenzi, natura e dialoghi s’intrecciano continuamente, nell’attesa dell’incontro con un malato, perché, non dobbiamo perderlo di vista, sto camminando per andare a trovare una persona che è passata per l’ospedale di Anzaldo, che è stato curato da un gruppo di medici, infermieri e personale con un’amorevolezza e professionalità che è a dir poco ammirevole.
Il fatto è, che con Pietro tutto diventa una sorpresa, un imprevisto: mi dice ogni volta che vado a trovarlo: dobbiamo programmare la giornata e poi so già che ci lasceremo come travolgere dalle emozioni e dagli incontri che capitano un po’ per caso.
La domanda che mi gira nella testa e nel cuore è: chi troveremo alla fine del cammino, quale sarà il malato da visitare? e perché no: quali le sue condizioni? Ed è così che alla fine del cammino incontro una ragazza più o meno sui 12 anni.
Si muove con le stampelle perché è stata operata ad un piede. Viene medicata e visitata dal dott. Pietro e da Silvia, una dottoressa che sta svolgendo del volontariato presso l’ospedale.
La ragazza quando si sente dire che va tutto bene, fa un gran sorriso, prende le sue stampelle, le mette in un angolo fuori dalla casa e prova a camminare, finalmente libera di potersi muovere per gli spazi liberi della sua terra.
Non perde tempo: la scuola e il lavoro la aspettano. Io non posso fare altro che guardare la scena incuriosito e ammirato.
Quelli di Pietro sono gesti semplici, veloci, di mani esperte. Sono gesti di mani che sanno curare la sofferenza con la giusta amorevolezza, con la passione di chi ha scelto di fare questo lavoro come scelta di vita.
Sono gesti che ridanno dignità alla povertà, che riescono a mostrare l’altra faccia della medaglia della sofferenza, quella della speranza e della serenità. Mi soffermo a guardare il volto della ragazza, mi sembra di intravedere che a suo modo esprime una serenità, una dignità unica, un po’ speciale. Qui, nel campo, la povertà è portata con dignità.
La gente che abita da queste parti conosce la fatica, eppure riesce a suo modo ad esprimere fin dove è possibile la serenità. Me ne torno all’ospedale del dottor Pietro. Riguardo il gran cielo di Bolivia così azzurro, quasi blu.
Mi rimane nel cuore una domanda: non è che forse questo cielo, questi paesaggi sono così aspri, ma di una bellezza rara, oggi introvabile nelle nostre città, perché resi così unici da questa povertà vissuta con dignità? Luminoso il cielo, ma luminosi i volti.
Rugosa la terra, ma rugose le mani che la lavorano. Generosa la terra quando piove, ma generosi i cuori di chi prova a servire e dare dignità ad ogni uomo.
Don Alessandro Sesana Sacerdote Patronato S. Vincenzo
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