Incontri locali significativi
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Il giorno 6 Maggio 2011, alla vigilia della festa per l’anniversario dei 25 anni dell’ospedale, i membri del Collegio Medico di Cochabamba (CMD) hanno voluto omaggiare il loro collega Pietro Gamba consegnandogli una targa al merito professionale.
Numerosi erano i giornalisti presenti in sala che, armati di penna e obiettivo, seguivano con interesse la storia di Pietro Gamba.
Il primo a prendere la parola è stato il Presidente del CMD di Cochabamba, il Dr. Solìs, il quale dopo aver riassunto le tappe salienti della storia di Pietro, ha voluto leggere un articolo scaricato da Internet scritto qualche anno fa da un cooperante spagnolo, Iñigo Salvoch Hualde.
Iñigo si trovava qui ad Anzaldo come volontario del Centro Educativo “Calasanz” e nel corso della sua permanenza in Bolivia ha avuto modo di frequentare il Centro Medico e di conoscere Pietro da vicino, essendo lui il diretto incaricato di accompagnare in ospedale i ragazzi ammalati della scuola .
L’aneddoto con il quale il volontario apre il suo articolo, “Un Hospital en el paramo”, è rimasto vivo nella memoria di Pietro e ancora oggi a distanza di 5 anni riesce a strappargli un sorriso .
Qui di seguito riportiamo l’articolo pubblicato in internet Domenica 9 Aprile del 2006:
“Attraversò la porta di vetro dell’ Hospital Pietro Gamba di Anzaldo con passo tremante, non tanto per la ferita aperta in testa, dalla quale gocciolava sangue in abbondanza, quanto per gli strascichi di una notte brava innaffiata da tanto alcol. Il soggetto in questione, un onorevole e panciuto professore dell’Unità Educativa locale, riuscì solo a dire al dottore italiano:“glielo dico sempre a mia moglie che quando arrivo a casa brilletto deve picchiarmi con un bastone non con una pietra!”. E il Dr. Pietro che, da quando ha messo su il suo piccolo ospedale in Alzaldo 25 anni fa, ha suturato ogni genere di ferita, sospira mentre prepara ago e filo. Il suo ospedale sorge nel mezzo di una landa desolata dove sono ancora molti coloro i quali preferiscono rivolgersi agli “Yatiri” o “curanderos” locali che, tra le altre capacità, diagnosticano le malattie consultando le foglie di coca.
Io normalmente passo in ospedale solo per un saluto o per accompagnare uno qualsiasi dei ragazzi della scuola, tendenti spesso a fratturarsi le ossa. E mentre l’infermiera gli mette il gesso mi distraggo con questo elenco di personaggi variopinti que fa irruzione nel pronto soccorso. Ogni tanto, ti dai un pizzico per convincerti che non ti trovi intrappolato in nessuna sorta di Macondo andino al quale mancano solo le galline e un battello fluviale incagliato nel letto del fiume.
Altre volte, invece, le cose vanno in maniera diversa, peggiore, e l’ospedale trabocca, come qualche mese fa quando, al calar della sera, un camion con il rimorchio carico di passeggeri perse i freni e cadde in una scarpata vicino Anzaldo. Due donne morirono sul colpo e decine di feriti rimasero intrappolati tra il groviglio di ferraglie contorte del camion. In mancanza di ambulanze, trasportammo come potemmo i feriti in jeep fino all’ospedale di Pietro, dove si andavano accumulando nei corridoi. I casi più gravi vennero trasferiti all’ospedale pubblico di Cochabamba, dove, con nostra grande sorpresa, non volevano accettare un ragazzo malconcio perchè nessun famigliare poteva pagare le spese del ricovero. È che in Bolivia il diritto alla salute è una chimera. Un lusso per il quale è necessario pagare da un’aspirina alle lenzuola dell’ospedale”.
Pietro
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