Sensazioni da Anzaldo

24 Maggio 2016

Non è facile descrivere l’intensità vissuta in questi giorni. Sin da quando ho deciso con Dario di tornare in Bolivia per un viaggio lampo di 7 giorni per l’occasione del 30° anniversario dell’ospedale di Pietro ad Anzaldo la tensione del viaggio saliva di giorno in giorno nell’attesa, ma subito dopo la partenza questa si è sciolta lasciando spazio alla mente e al cuore di assaporare tutti i momenti vissuti e le persone incontrate.

Stare da Pietro è ricaricare la tua vita di significato e fare incontri intensi mai banali e formali.

Ho conosciuto persone e storie di vita che probabilmente non rivedrò, ma lasciano il segno in me per la forza che esprimono, la gioia con cui vivono, e il significato che danno alla propria vita nel fare le cose in cui credono.

Tutti i giorni sono stati intensi e finalizzati alla festa celebrata sabato. La festa è stata organizzata in modo impeccabile da Margherita, raccogliendo intorno all’ospedale e a Pietro, autorità, amici, e la popolazione di Anzaldo dando risonanza e visibilità al lavoro di Pietro fatto in questi 30 anni.

Tanti sono stati gli incontri le parole e le emozioni vissute durante la festa ma in particolare mi ha colpito un campesinos arrivato dal campo dopo un viaggio di 5 ore regalando a Pietro un cesto di patate raccolte nel suo campo come segno di ringraziamento per l’opera di Pietro, un gesto semplice ma pieno di significato.

Tuttavia l’esperienza più grande che Pietro ha fortemente voluto farci vivere è stato quella di andare a Challyiri e di fermarsi a dormire nella casa di un campesinos di nome Renè.

Challyiri un luogo magico lontano da tutto e da tutti dove la terra a 3800 metri è verde e la gente che vive coltiva ogni pezzetto di terra facendo crescere ogni sorta di prodotto, frumento, patate, avena e vari tipi di verdure.

Challyiri un luogo magico anche perché Pietro in questi luoghi ha vissuto per 1 anno e mezzo con loro maturando la scelta di fare il medico e di tornare in Bolivia per fondare un ospedale per i campesinos.

L’esperienza è stata dura ma solo così ho potuto capire da dove ha trovato la forza Pietro per fare ciò che ha realizzato diventando uno di loro prima di tutto e poi rispondendo ai bisogni sanitari di questa povera gente.

Durante l’avventuroso viaggio su strade polverose, sconnesse e a strapiombo Pietro ci ha raccontato alcuni particolari inediti sui primi anni vissuti li che insieme agli incontri fatti in queste povere case e alla condivisone del loro cibo, mi hanno fatto ricordare le parole di Pietro dette alla fine del documentario di Adriano Zecca e che porto sempre nel cuore.

“Nessuno ha preso parola per loro muoiono ancora i bambini, muoiono per un addome acuto, per il parto, questa è una ingiustizia, questo è ancora motivo di lotta, e di credere che il mondo può essere aggiustato e dipende solo da noi. Ognuno di noi fa poche cose ma queste danno il senso del vivere e dell’esistere in qualsiasi posto uno si trova a vivere Bolivia o Italia”.

Grazie Pietro per la settimana passata insieme.

Antonio Castaldello

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